I film mi hanno salvato la vita. Sono cresciuta come bambina prodigio in Albania. Avevo il mio programma ed ero molto famosa. Anche se dall’esterno può sembrare favoloso, personalmente mi ha portato un pesante fardello di solitudine. L’unico modo in cui sono riuscita a entrare in contatto con le mie emozioni – e con la sensazione di essere veramente viva – è stato attraverso i film. Questo legame con il cinema mi ha aiutato a plasmare la mia missione: creare film che facciano sentire bene le altre persone con se stesse e con ciò che fanno nella vita. Farle sentire rassicurate che va tutto bene. Dare loro speranza.
Per il tuo film, hai ricevuto il contributo Art.1, che aumenta la visibilità delle persone LGBTIQ+. Il tuo film parla dell’artista kosovaro Astrit Ismaili, che ora vive ad Amsterdam. Dal tuo punto di vista, in che modo i film possono aumentare l’accettazione della comunità LGBTIQ+?
I media e il cinema hanno il potere di normalizzare cose che non vengono percepite come normali. Naturalmente, il concetto di normalità è relativo. La scelta di vita di ognuno è ‘normale’, perché è ciò che fa sentire bene loro. Vedere questo tipo di modelli sullo schermo da bambina e adolescente era raro, ma ha avuto un impatto molto profondo su chi sono diventata. Mi ha aiutato a capire che ci sono tutti questi modi in cui puoi vivere la tua vita e sentirti bene.
Il protagonista che ho scelto per il mio film è una persona a cui tengo moltissimo. Come amico, mi ha aiutato molto facendomi capire che puoi essere e diventare qualsiasi cosa tu voglia nella vita. Mi ha ispirato così tanto. Quando ho sentito parlare di questa opportunità di finanziamento, ho subito voluto che le persone si sentissero ispirate da qualcuno che sceglie attivamente e continuamente il proprio modo di vivere in un paese come il Kosovo, o in una città come Pristina, dove non hai mai – tanto meno 10 anni fa – l’opportunità di crescere in te stesso e costruire la tua autentica personalità man mano che evolvi.